Fiorello in questi giorni ci ha regalato un grande pezzo di TV, il suo “il più grande spettacolo dopo il weekend” è effettivamente un “one man show” divertente e frizzante, dal Karaoke ad oggi l’evoluzione del personaggio Fiorello è innegabile, ma cosa possiamo dire dell’evoluzione della televisione, soprattutto di come questa si vorrebbe rapportare con i social media?
Chiunque avrà notato che al momento dello stacco pubblicitario sullo schermo appariva una enorme scritta: “#ilpiugrandespettacolodopoilweekend” ,che cosa sarà mai? “E’ un hashtag di twitter!”
Risponderete voi tutti in coro. Ed a che serve?
“A includere twitter secondo le vecchie logiche 60ennali della televisione!” Dico io, ma non solo…
La mia critica su quest’uso di twitter, nasce dall’osservazione di altre trasmissioni, come ad esempio “L’infedele” di Gad Lerner o “Servizio Pubblico” di Santoro per poi allacciarsi alle mie impressioni sull’evento Happy Birthday Web.
Fare televisione non è facile, ci sono tempi stretti e rigidi, gli interventi devono essere incasellati in scaglioni temporali precisi e i conduttori, da Floris a Fiorello, hanno sempre a disposizione dei grandi timer per sapere a che punto sono, quanto tempo hanno e quanto margine possono sfruttare. Questo rende difficile un approccio conversazionale con gli input che provengono dalla rete, perchè non sempre si allacciano con quanto già preparato e perchè sfuggono a qualsiasi controllo.
Inoltre c’è, a mio avviso, un approccio da vecchi a Twitter, come anche ad altri social media, l’approccio del vecchietto che sorride vedendo un bambino senza prederlo sul serio.
Per la televisione i social network sono il fenomeno pittoresco di cui raccontare le avventure e le marachelle, ma non sufficientemente valido da entrare nel discorso tra grandi che si fa in trasmissione.
L’emblema di questo atteggiamento è il momento in cui il conduttore chiama il suo collaboratore chiedendo “Dicci qualche tweet interessante”. Decisamente poco incisivo.
Poi come ogni nonno che si rispetti, i conduttori e i giornalisti, giocano con in nipotini, dedicandosi fuori del lavoro a seguirli. Quindi durante la settimana c’è spesso una interazione fatta di blog, tweet ed altro. Da queste interazione poi, giornalisti o conduttori spesso estrapolano riflessioni che fissano in una trasmissione. A cosa porta questo? Ad una comunicazione su due livelli.
Come è accaduto in occasione dell’Happy Birthday Web, vi sono due dibattiti, uno che si svolge in trasmissione e l’altro che si svolge sulla rete. Questi mondi si lambiscono, ma non interagiscono veramente se non per quello che gli autori, giornalisti e conduttori cristallizzano nella scaletta del programma.
Nel momento in cui la trasmissione va in onda, il mondo dei social network viene relegato a macchia di colore. Ecco perchè quindi mi trovo scettico sull’uso, così impostato, di twitter, da parte degli autori dei programmi televisivi.
L’unico interesse che mi resta, a questo punto, è commentare con altri che seguono il programma, come se fossimo su un grande divano virtuale a vedere la trasmissione insieme, ma senza mai entrarci. Mi domando quindi, è questo che vuole la TV? Gli autori, i giornalisti ed i conduttori vogliono che si sviluppi conversazione tra utenti dei social network, al solo fine di mantenere alto il livello degli ascoltatori e quindi avere più pubblico? O vogliono che questi spettatori siano parte attiva della trasmissione? Quale conduttore avrà il coraggio di farsi un po’ scuotere la scaletta sfruttando il flusso di domande e di interventi di twitter?
Da questo punto di vista sono stati apprezzabili alcuni giornalisti in occasione della conferenza sulla manovra presentata da Monti. Infatti su Twitter, con il tag #manovra, molte persone chiedevano che fossero poste domande su determinati argomenti, ritenendo i giornalisti in sala non troppo incisivi, magicamente, sul finire, alcune domande hanno cominciato a virare proprio su quei temi, impostate proprio come qualche tweet che è passato nella TL. Quanto è avanti un giornalista che fa una cosa del genere? Quanto è innovativa questa interazione? Quanto è vicino questo all’idea di partecipazione diffusa? A tutte le domande mi sento di rispondere: “molto di più di un qualsiasi programma televisivo che abbia l’inviato da Twitter”.
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