L’organizzazione aziendale negli ultimi decenni ha vissuto profondi cambiamenti spesso radicali.
Le sfide relative alla trasformazione aziendale degli ultimi anni – digital transformation, smart working, lavoro da remoto in primis – hanno subito una forte accelerazione a causa del Covid-19 e, oggi, non c’è una singola organizzazione che non abbia bisogno di trasformarsi.
Senza alcun preavviso, il 2020 ha catapultato improvvisamente le organizzazioni aziendali in un futuro digitale, cogliendo la maggior parte di esse impreparate da ogni punto di vista: gestionale, infrastrutturale e soprattutto culturale.
Alla luce di questa esperienza, molte aziende stanno iniziando a comprendere che è necessario fare molto di più che digitalizzarsi e che il cuore di qualsiasi trasformazione inizia dalle persone.
Assistendo allo stravolgimento repentino della vita praticamente sotto ogni aspetto, chiunque oggi è preoccupato per le misure di sicurezza sul posto di lavoro, il destino della propria azienda, le complessità e le distrazioni del lavoro da casa, il benessere della propria famiglia e sempre più la qualità della vita.
Questo enorme livello di incertezza e cambiamento richiede un enorme sforzo psicologico da parte tutti, ma la crisi è tutt’altro che finita.
Le organizzazioni aziendali, che si sono dimostrate attente più del solito alla sicurezza e al benessere dei dipendenti attraverso protocolli e che si sono attivate per pensare e creare soluzioni di lavoro a distanza, devono iniziare a valutare tempestivamente come procedere oltre la crisi, in quella che sarà una lunga fase di ripresa.
Sicuramente sembra impensabile un ritorno alle vecchie abitudini, quando le esigenze dei lavoratori venivano poco considerate, la flessibilità era solo un privilegio per pochi o peggio considerate delle rogne.
Il processo di cambiamento costringerà le organizzazioni, oltre a proteggere la salute dei propri lavoratori e ripristinare la loro fiducia, anche ad incentrare qualsiasi programma di trasformazione sulle persone, che diventeranno in modo crescente, l’elemento chiave in un processo di change management, non solo durante la ripresa ma anche nella realtà post-COVID.
All’alba di un nuovo mondo
“Le scoperte più eccitanti del ventunesimo secolo non avverranno grazie alla tecnologia, ma grazie a una nuova consapevolezza su cosa significhi essere umani.”
John Naisbitt
Frederic Laloux, autore del bellissimo libro “Reinventare le Organizzazioni”, ci insegna che ogni transizione verso un nuovo stadio di consapevolezza ha inaugurato una nuova era nella storia dell’umanità. In ogni epoca, tutto è cambiato: la società (passando dai clan alle tribù, dagli imperi agli stati nazione); l’economia (dal foraggiamento all’orticoltura, dall’agricoltura e all’industrializzazione); le strutture di potere; il ruolo della religione.
Ogni nuova fase della coscienza umana ha portato con sé una svolta nella nostra capacità di collaborare, determinando un nuovo modello organizzativo. Le organizzazioni come le conosciamo oggi sono semplicemente l’espressione della nostra attuale visione del mondo e del nostro attuale stadio di sviluppo. Ogni volta che noi, come specie, abbiamo cambiato il modo in cui pensiamo il mondo, abbiamo creato tipi di organizzazione più efficaci.
L’emergenza Covid-19 ha fatto assistere a un cambiamento epocale, già in corso negli anni precedenti, nelle nostre vite e nel mondo del lavoro che sta ridisegnando le strutture aziendali, rovesciando le gerarchie verticali e tratteggiando profili di nuovi professionisti che lavorano in modo autonomo, flessibile e che trovano nella condivisione il loro punto di forza e nel digitale il loro nuovo ambiente lavorativo.
Il modello organizzativo verticale sempre più obsoleto fa progressivamente spazio a modelli di team auto-organizzati ed interconnessi che vedono via via le aziende diventare più agili e reattive ai cambiamenti esterni, innovative e creative per esigenza. Le azioni delle persone non sono più guidate dagli ordini di qualcuno a monte della catena di comando, ma dall’ascolto dello scopo dell’organizzazione.
Una nuova consapevolezza vede l’organizzazione come una forza indipendente con un proprio scopo e non semplicemente come un veicolo per il raggiungimento degli obiettivi del management. Un organismo vivente con un Cuore, una Mente e delle Mani.
Le persone sono il Cuore
“Non dubitare mai che un piccolo gruppo di persone coscienziose ed impegnate possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta.”
Margaret Mead
Nel corso della storia organizzativa abbiamo assistito alla nascita di realtà che, anticipando i tempi, sono state delle finestre sul futuro. Un posto di rilievo senza dubbio spetta ad Olivetti per aver creato, nel secondo dopoguerra italiano, un’esperienza di azienda nuova e unica al mondo che si basava su un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto, tanto che l’organizzazione del lavoro comprendeva un’idea di felicità collettiva che alimentava l’efficienza.
C’è una frase eloquente di Adriano Olivetti che riassume la straordinarietà di questa approccio ancora all’avanguardia. Nelle lettere che spedì ai familiari dall’America negli anni ‘20 del secolo scorso, scriveva:
“Gli americani sono dei grandi venditori, molto bravi nel commercio ma hanno una scarsa cultura riflessiva. Mi volevano convincere a tutti i costi a guardare i numeri su come gli operai americani guadagnassero meno degli operai italiani e io dicevo non guardate le cifre, guardateli negli occhi.”
È logico e lampante che il cuore di ogni organizzazione aziendale risieda nel suo elemento umano senza il quale risulterebbe una questione astratta. Ogni organizzazione non è altro che il risultato di processi individuali e relazionali.
In modo crescente si parla di mettere al centro l’uomo, ma in definitiva cosa vuol dire?
È semplice: non vedere le persone come risorse da usare o gestire, ma come un patrimonio unico di idee, emozioni, talenti e potenzialità che, in un panorama sempre più saturo di beni e servizi, diventa il vero differenziatore di un’azienda.
Il Cuore di un’organizzazione batte quando:
- Si dimostra cura e interesse autentico per le loro esigenze;
- Le persone si sentono parte di una comunità che condivide gli stessi valori, gli stessi fini;
- Si promuove il pieno sviluppo umano dei propri collaboratori;
- Le persone sentono di contribuire a migliorare il mondo e trovano significato in ciò che fanno;
- L’ambiente di lavoro è sereno e inclusivo e le relazioni sono costruite su empatia, fiducia e rispetto dell’altro;
- Il lavoro diventa una passione.
La leadership è la Mente che sceglie la rotta

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“Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato…”
Saint-Euxupery
Cosa determina l’azione di un’organizzazione? Cosa ne determina quindi una sua trasformazione? La risposta è inequivocabile: la lente attraverso la quale la sua leadership tende a vedere il mondo.
Consciamente o inconsciamente, i leader sono coloro che costruiscono le strutture organizzative, le pratiche e le culture aziendali che hanno per loro un senso e che corrispondono al loro modo di relazionarsi con il mondo.
È sostanziale comprendere la trasformazione radicale in atto nella leadership: da un tipo di leadership direttivo, che si basa sul controllo e sul comando, si sta migrando verso leadership positiva e di servizio, che si basa sull’ascolto e sulla fiducia.
Questa tipologia di leader, incarnando la missione e i valori dell’organizzazione, sarà progressivamente essenziale per guidare le organizzazioni e l’autorità legata alla posizione verrà sostituita dall’autorevolezza derivante dalla capacità di dare l’esempio.
È imprescindibile comprendere le conseguenze.
Non è più importante ciò che un’azienda decide di fare, ma il perché lo fa e in che modo. L’attenzione continua alla coerenza tra ciò che si è, ciò che si dice e ciò che si fa ha una duplice funzione: aumenta la credibilità dell’intero sistema organizzativo e comunica costantemente senso e valori aziendali di un modo di fare impresa etico, sostenibile e trasparente.
Oggi, quindi, la domanda essenziale che un’organizzazione deve assolutamente porsi è se ciò che fa è coerente con il motivo per cui esiste, perché una mancanza di coerenza e riflessione sul perché quell’organizzazione è nata porta inevitabilmente a risultati negativi.
La Mente di un’organizzazione è illuminata quando:
- È consapevole della propria identità;
- Ha chiara la propria visione del mondo che vuole contribuire a costruire;
- Vuole creare un impatto positivo sulla società e sull’ambiente;
- Ha una strategia organizzativa;
- Talento e cultura sono in linea con il contesto e la strategia aziendale;
- Ogni strategia e azione è orientata alle persone e alla loro felicità.
Le azioni sono le Mani che plasmano la realtà aziendale

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Rendere operativa la trasformazione di un organizzazione non è semplice: richiede tempo, pazienza, costanza, determinazione e la capacità dell’organizzazione di pianificare e agire con prontezza.
Senza una strategia chiara (mente) e persone coinvolte e produttive (cuore), il lavoro diventa ancora più difficile se non impossibile.
La crisi del Covid-19 ci ha insegnato che per guidare la trasformazione organizzativa è necessario concentrarsi in particolare su due azioni:
- reinventare i modi di lavorare rendendoli più flessibili,
- migliorare le competenze digitali.
Dall’oggi al domani, la maggior parte delle organizzazioni ha cambiato radicalmente il modo di lavorare e partendo da questa base è fondamentale ripartire ripensando a come i team e i dipendenti possono lavorare in modo più intelligente ed efficace.
Per esempio, ci si potrebbe concentrare sulla gestione per obiettivi e risultati chiave (OKR Program), piuttosto che definire semplici attività, o estendere a tutta l’organizzazione le best practices acquisite dai team che lavorano da remoto.
Sarebbe utile incoraggiare ulteriormente l’uso della comunicazione digitale e degli strumenti di collaborazione per promuovere e facilitare il lavoro a distanza e asincrono.
Inoltre, sarebbe fondamentale consentire ai team di definire le modalità di lavoro (tempi e luogo) per massimizzare la flessibilità, la collaborazione e la produttività soddisfacendo le esigenze dei lavoratori di una gestione autonoma della propria giornata lavorativa per affrontare esigenze personali, familiari e la gestione di eventuali figli.
Parallelamente, la pandemia ha cambiato drasticamente anche i comportamenti dei consumatori, aumentando massivamente l’utilizzo di dispositivi tecnologici. Il che obbliga le aziende a focalizzarsi ancora più intensamente sull’aggiornamento delle competenze digitali dei propri dipendenti, ormai prerequisito necessario in quasi tutti i settori.
Le organizzazioni dovrebbero iniziare a guardare al digitale in modo olistico e applicare il digital thinking a tutto ciò che fanno – fornitura servizi, fidelizzazione clienti, organizzazione di processi interni, costruzione e mantenimento di relazioni, progettazione – coscienti che la connettività è il linguaggio della nostra epoca.
Una buona formazione continua è l’unica garanzia di successo di tutte le realtà aziendali. Senza, l’impoverimento delle competenze e delle skills rischia di far naufragare anche il migliore dei progetti.