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Lavorare per obiettivi: uno strumento strategico per la tua azienda

Lavorare per obiettivi: un argomento che è diventato, negli anni, sempre più importante per il management.

A causa della situazione pandemica, viviamo in un contesto storico molto complesso e nel 2020 la popolazione mondiale ha subito fortissimi disagi.

 

Perché è importante dover riconsiderare la figura dell’essere umano

Debolezze e fragilità sono messe in secondo piano, spesso e per varie ragioni, soprattutto negli ambiti lavorativi.

Le Organizzazioni non fanno altro che “parlare” ai propri professionisti, istruendoli su meccaniche e approcci operativi, non tenendo in conto la centralità dell’essere umano.

La persona vive, ragiona, produce e opera contestualmente come persona e come professionista (intelligenza emotiva, cit. https://www.danielgoleman.info/).

All’interno di questo scenario, è importante che le Organizzazioni ragionino e comprendano che non è più possibile “continuare a operare per come si è fatto sinora” all’interno del proprio management asset.

Questa è una classica frase che, spesso, è utilizzata nell’ambito di contesti lavorativi schiavi delle prassi abitudinarie consolidate.

Cambiare, evolvere, trasformarsi è considerato inutile o addirittura dannoso.

 

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Nessuna Organizzazione può prescindere da un programma aziendale di crescita e sviluppo

È basilare attivare progettualità correlate tra loro che mirino a un obiettivo di rilevanza strategica, attivando dinamiche di cambiamento ed evoluzione. Un programma aziendale funzionale, oggi, deve necessariamente prevedere un eco-sistema fondato su nuovi modi di lavorare.

È nevralgico dover pensare a nuovi approcci e filosofie di lavoro che consentano una maggior capacità gestionale e autonomia da parte del singolo professionista. Il ruolo e le competenze trasversali diventano sempre più centrali.

È una sorta di nuova applicazione della “Teoria X-Y” di Mc Gregor per invitare le persone a sposare un approccio partecipativo alle attività progettuali e operative.

 

Le persone dovrebbero essere sempre più incentivate ad un approccio di lavoro per obiettivi piuttosto che di un classico lavoro per funzioni. Passare quindi a una logica trasversale piuttosto che adottare una logica verticale, spesso di tipo gerarchica e dirigista.

Ma cosa significa lavorare per obiettivi e perché è importante provare a sperimentare nuovi modi di lavorare?

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Che cosa significa lavorare per obiettivi

Prima di tutto, è basilare concentrarsi sulla definizione di obiettivo.

In inglese si utilizza “objective” se si tratta di un obiettivo a carattere tattico-operativo; “goal” si utilizza, invece, se ci si riferisce a un obiettivo a carattere strategico-direttivo. Generalmente, un obiettivo è un risultato o, meglio, un insieme di risultati che ci si prefigge di raggiungere entro un certo lasso di tempo.

Gli obiettivi possono essere sia personali sia di team e possono essere di breve, medio o lungo termine.

Da qui si comprende come per l’essere umano sia razionalmente ma anche spiritualmente importante essere sempre protesi e orientati agli obiettivi che ci si pone innanzi.

Lavorare per obiettivi ci da la giusta forza per raggiungere ciò che vogliamo fare. Lavorare per obiettivi permette di attivare quei processi/azioni e quelle competenze, sia di stampo tecnico sia comportamentale (è un mix di hard skills e soft skills), che consentano di trasformare o far evolvere i propri desideri, le proprie pulsioni e intenzioni in risultati concreti e fatti compiuti, misurandone di continuo la piena aderenza e il pieno rispetto di regole/buone prassi convenzionalmente concordate.

Ed ecco che da qui si giunge al concetto di “lavorare per obiettivi”.

Lavorare per obiettivi vuol dire porsi dei traguardi o dei risultati da raggiungere in un certo tempo e in condizioni prefissate e/o concordate.

Ci si riferisce non soltanto a specifici fini di produttività organizzativa ma anche a legami forti tra obiettivi del singolo e obiettivi organizzativi. Sostanzialmente, il singolo professionista si deve sentire costantemente “parte attiva di un tutto che è maggiore delle sue parti costituenti”.

Molta letteratura tematica riguardo al lavorare per obiettivi ha come centro, con più o meno gradi di profondità e dettaglio, la nota Goal Setting Theory di Locke, secondo cui gli obiettivi devono essere riconosciuti e riconoscibili secondo l’acronimo SMART: Specific (Specifici), Measurable (Misurabili), Agreed to/Achievable (Concordati/Arrivabili o raggiungibili), Realistic/Rewarding/Relevant (Realistici/Soddisfacenti e Premianti/Rilevanti), Time-related (a Tempo-riferiti).

Molti studi hanno dimostrato che concordare obiettivi personali/professionali SMART e lavorare per realizzarli accresce il senso di appartenenza e il grado di produttività del professionista.

I risultati più validi e duraturi nel tempo si ottengono proprio quando le persone si sentono parte della vita organizzativa, ne condividono e ne alimentano le buoni prassi da impiegare, si sentono “avvolti” in un ambiente lavorativo appagante e stimolante.

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L’importanza di lavorare per obiettivi

Partendo da quanto esposto, è pacifico chiedersi: “Perché per le organizzazioni – pubbliche, private o comunitarie – è sempre più importante attivare un processo che porti le persone a lavorare per obiettivi?”

È una domanda che, soprattutto in questi ultimi tempi, riecheggia forte e chiara e le risposte possono essere molteplici e di varia natura. Proviamo a dare una nostra visione sui motivi che spingono a lavorare per obiettivi.

I team che lavorano per obiettivi evolvono più rapidamente nel processo di team building giungendo con maggior costanza allo stadio performing ove ogni persona si sente più partecipe della vita organizzativa, perorando uno stile collaborativo che diventa nel tempo foriero anche di maggior trasparenza relativa alle proprie attitudini.

Le persone si trovano ad approcciare in maniera più consolidata al lavoro.

Lavorare per obiettivi, infatti, porta a condividere un piano di lavoro in cui emergano chiari ruoli e responsabilità alla base di tutto vi è, chiaramente, un principio di duttilità e flessibilità diffusa ma mai da dover confondere con una flessibilità che sia il “lavorare senza regole e/o buone prassi condivise” o, peggio ancora, “lavorare senza ruoli e responsabilità univocamente definite, dove valga la politica del tutti fanno tutto”.

Spesso, non conoscere a cosa serva ciò che ciascuno sta facendo e qual è il contributo del singolo sul progetto genera profonda frustrazione. D’altro canto, anche le moderne teorie motivazionali ci ricordano che obiettivi chiari e ben definiti aiutano non solo a conoscere/far conoscere e valorizzare il proprio lavoro ma anche ad “allargare gli orizzonti”.

È importante che ogni attività lavorativa sia vissuta come elemento di valore facente parte di un sistema valoriale ben più grande.
Il personale può trovare solide connessioni e affinità tra obiettivi organizzativi e obiettivi personali. Ciò conduce a prefissarsi il raggiungimento di traguardi rilevanti, impegnandosi in un percorso professionale sfidante e stimolante e manifestando costanza nel tempo.

 

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Lavorare per obiettivi è uno degli strumenti strategici più importanti per le organizzazioni. Da dove cominciare?

Fin qui si è cercato di approfondire la tematica del lavoro per obiettivi evidenziando come tale approccio possa rivelarsi un asset strategico per le Organizzazioni moderne.

Ma cosa dovrebbe fare un’Organizzazione per procedere nella direzione di un lavoro più autonomo, più responsabilizzato e fondato su obiettivi SMART da perseguire? Vediamo insieme i passaggi da seguire.

 

Primo passo: comunicare il cambiamento

E’ necessario condividere ad ogni livello questa necessità di cambiamento ed evoluzione che si intende intraprendere. Sarebbe sbagliato ritenere che tale processo debba rimanere “segregato nelle segrete stanze” del Top Management perché è fondamentale stimolare l’intera Organizzazione. Ognuno si deve sentire “driver” del cambiamento, condividendo azioni e/o intenti e partecipando proattivamente all’attuazione.

 

Secondo passo: programmare il cambiamento

Quindi, dopo un’estesa opera di comunicazione e diffusione in seno all’Organizzazione, un secondo step è istituire un’azione di programma di cambiamento (change management program), attivando tutta una serie di “stream” progettuali correlati che vadano a responsabilizzare l’intero personale operativo: Produzione, Risorse Umane, Direzione Tecnica, Program e Project Manager, e qualunque altra tipologia di stakeholder che possa fungere da change driver.

All’atto della definizione del programma di cambiamento, sarebbe opportuno fin da subito identificare alcuni aspetti che si riveleranno cruciali in corso d’opera.

 

L’approccio strategico

Cambiare filosofia e approccio al lavoro non può e non deve esser lasciato alla scelta volontaria del singolo lavoratore perché così si rischierebbe l’attivazione di un processo destrutturato e deframmentato, con scarsa efficacia ed efficienza, magari contaminato anche da visioni distorte.

È importante che si parta da una visione prospettica più ampia secondo la quale il singolo individuo non percepisca gli obiettivi come meri strumenti di controllo attivati da sistemi meritocratici (non si lavora per obiettivi principalmente per attingere al premio produzione) ma comprenda che l’approccio del lavoro per obiettivi rappresenti una linea di indirizzo di come si possa cooperare per raggiungere risultati nuovi, diversi, riconosciuti.

È opportuno orientare, a livello individuale e di team di lavoro, i comportamenti e le altitudini secondo logiche di priorità ben definite e facendo in modo che le persone diano un senso e un significato valoriale a ciò che fanno.

Tutti potranno sentirsi “parte di un progetto, di una visione a cui possono contribuire fattivamente e direttamente”.

 

L’approccio tattico-operativo

Una volta ben avviato il programma di cambiamento e averne fornito una chiara visione strategica, è basilare attivarsi per pianificare, eseguire e controllare tutti i passaggi operativi salienti che potranno prevedere il ri-disegno e la ri-configurazione di nuovi e variegati modelli organizzativi.

Dall’approccio agile a quello ibrido, mixando i modelli in contesti votati al remote working e anche allo smart working: la messa in opera di nuovi strumenti e piattaforme applicative di co-working e/o di collaboration in senso esteso, il ricorso a modalità evolute di gestione dei team (anche virtuali) e l’utilizzo di nuovi approcci all’esercizio della leadership.

Tali azioni consentiranno di far sì che le persone possano nel tempo imparare a gestire i propri obiettivi in autonomia, con coscienza e responsabilità, garantendo competenze e performance appropriate alla situazione.

 

L’approccio di crescita e maturità di competenze

Un programma di cambiamento non potrà portare a risultati duraturi nel tempo se non strutturato tenendo in considerazione la volontà delle persone a voler accrescere le proprie conoscenze, abilità, capacità personali e professionali; in una sola parola, le proprie competenze.

È opportuno attivare dei processi di sviluppo professionale (non la classica e semplice formazione!) ampi e variegati che vadano a stimolare l’apprendimento sia degli asset di natura tecnico/metodologica (hard skills) sia quelli di natura comportamentale (soft skills), magari integrando i percorsi didattico-esperienziali con l’ausilio di strumenti innovativi e smart.
Ogni individuo potrà ancor più “affezionarsi” al cambiamento diventando esso stesso leader ispiratore dell’approccio lavorativo per obiettivi, accrescendo il proprio bagaglio culturale ed esperienziale che lo porterà a sentirsi sempre più “una parte fondamentale del tutto” e un professionista più completo, con un senso di appagamento e soddisfazione personale che sarà di valore aggiunto per l’intera comunità organizzativa.

 

Image Source: Vantage Circle

Lavorare per obiettivi con MBO – Management By Objectives – o MBR – Management By Results

Il framework Management By Objectives è uno dei focal point di un approccio al lavoro che sia fortemente basato su principi di smart working e remote working.

Proprio nel corso del 2020 la stessa ILO – Organizzazione Internazionale del Lavoro – ha inserito tali approcci e principi all’interno di un Tool-kit che potesse fornire alle Organizzazioni un set di processi e strumenti per attivare nuovi modi di approcciare al lavoro.

Il Management by Objectives (MBO) – spesso indicato anche come Management by Results (MBR) “è un approccio di management delle performance operative e di lavoro che si basa sulla definizione di: obiettivi specifici condivisi tra un singolo professionista e l’Organizzazione; la formulazione di linee guida e buone prassi specifiche per i check-in e i periodi di valutazione; la creazione di aspettative e norme culturali concordate e prefissate” (Hayes, 2021).

Storicamente il termine fu adoperato per la prima volta dal guru internazionale del management, Peter Drucker, nel proprio libro The Practice of Management, pubblicato nel 1954.

Secondo Drucker un fattore chiave nello sviluppo dell’approccio MBO è legato al fatto per cui i manager, spesso, “perdono di vista” i propri obiettivi quando cadono nella “trappola dell’attività da fare” (to-do list), concentrandosi esclusivamente nei propri compiti quotidiani e dimenticando lo scopo originale di quanto in essere.

Da qui ne deriva la spasmodica attenzione al “fare le cose” piuttosto che al “far bene le cose” mettendo in campo cultura e competenze trasversali che siano generatrici di valore.

Per identificare, sviluppare e ridefinire gli obiettivi organizzativi è fondamentale che la vision e la mission organizzativa siano chiare, esplicite, univocamente condivise e comprese da tutti i professionisti in modo che non restino zone d’ombra o, peggio ancora, situazioni di mis-understanding che vadano a minare la fiducia reciproca tra lavoratore e Organizzazione.

 

 

L’approccio MBO aiuta il managing attraverso 5 step di processo

Impostare l’obiettivo del lavoratore/professionista

Avendo ben chiaro l’obiettivo organizzativo, un passaggio molto delicato è collegare tale obiettivo con quello del singolo lavoratore, in modo che si inneschino quei meccanismi di mutua fiducia e motivazione intrinseca che portino a far sentire il lavoratore come “parte nevralgica del tutto” e stakeholder protagonista.

L’operazione di traduzione degli obiettivi ai team e ai singoli collaboratori non è semplice e necessita di un continuo scambio comunicativo tra manager (chi espone l’incarico) e collaboratore (chi si assume l’incarico).

Anzi, risultati di valore si raggiungono quando i professionisti coinvolti tendono ad auto-motivarsi dandosi obiettivi personali coerenti con quelli organizzativi che siano stimolanti ma realistici, raggiungibili e non eccessivamente ambiziosi.

 

Sviluppare un piano di lavoro e monitorarne i progressi

E importante sviluppare un piano d’azione e tenere sempre traccia dei progressi in maniera non asfissiante e cercando di esercitare buona delega nei confronti del professionista.

Risulta basilare, inoltre, verificare che non ci siano difficoltà e/o criticità per le quali è opportuno intervenire in qualità di problem solver e facilitatori. Se, ad esempio, il personale impegnato “alza la bandierina rossa”, esso ha bisogno di supporto e aiuto e il manager è chiamato a intervenire.

La cultura del “feedback” consente di creare un protocollo comunicativo interattivo tra manager e collaboratori; se proposto ad intervalli regolari, diventa essenziale per il successo di un modello MBO-oriented.

 

Valutare in itinere

Dall’azione di monitoraggio si rilevano i dati concreti e i risultati raggiunti. Questi devono essere confrontati con quanto previsto e ipotizzato al conferimento dell’obiettivo da perseguire. L’azione valutativa non deve essere condotta soltanto alla fine del lavoro.

La valutazione deve essere un aspetto che evolve man mano, governando anche le situazioni mutevoli dei contesti in cui ci si trova ad operare.

Riconoscere una ricompensa.

Ultimo aspetto che, spesso, viene considerato in via unitaria e preferenziale ma deve essere gestito in maniera integrata con gli altri 4 punti sopra esposti. Un buon sistema meritocratico serve ad incoraggiare il personale a raggiungere i propri obiettivi arrivando ai risultati sperati. Ma il vero scopo consiste nell’attivare nel professionista una motivazione intrinseca che lo porti a far crescere le proprie competenze. Il professionista così aumenta il proprio livello di conoscenza, aumentando la conoscenza anche del sistema organizzativo.

 

 

Il cambiamento organizzativo

I passi fin qui esposti non possono essere messi in opera in maniera destrutturata o disgiunta. Essi devono essere seguiti da un processo di “cambiamento organizzativo”.

Il personale operante deve essere stimolato ad essere più proattivo che reattivo, agile nell’esercizio di buone prassi lavorative; un orientamento all’efficacia ed efficienza e con maggior attenzione ai risultati finali e alle competenze impiegate per ottenerli.

Ciò può esser seguito stimolando un senso di fiducia reciproco tra manager e collaboratori. La fiducia deve essere nutrita giorno per giorno anche mediante un ricorso alla delega. Delegare è alla base delle Organizzazioni moderne e/o delle Organizzazioni che stanno promuovendo un percorso di change management – sia esso tradizionale o orientato a nuovi modi di lavorare quali lo smart working o il remote working.

Tale processo rappresenta anche una sfida per i manager. Rispetto a buone prassi lavorative “classiche”, il manager deve sforzarsi di più, sia a livello intellettuale sia a livello emotivo.

 

E, allora, da dove iniziare?

Ovviamente dal chiarire in maniera univoca gli obiettivi da raggiungere, cercando di mediare tra cosa l’Organizzazione abbia bisogno e desidera (Organizazion needs & desires) e ciò che il singolo collaboratore professionista possa desiderare affinché si possa sentire motivato, gratificato, stimolato, “vivo”.

Tale opera di mediazione e sinergia deve essere definita in maniera chiara, trasparente e quantificabile. Nelle situazioni di difficoltà, il collaboratore sa che potrà chiedere ausilio e supporto scalando sul proprio superiore. Il manager, a sua volta, dovrà empaticamente essere pronto ad essere facilitatore, coach, spalla, punto di riferimento. Sempre meglio, in questi casi, resistere alla tentazione di intromettersi oltre misura. Poi solo il tempo e la dedizione sapranno consolidare e rinvigorire il processo di cambiamento.

Alla base vi è sempre la volontà di essere disposti realmente ad operare tutti insieme; investire tempo ed energie, senza fermarsi ai primi intoppi o alle prime difficoltà. Errare è umano così come è umano fare “lessons learned” ed imparare dai propri errori attivando un sano principio di miglioramento continuo.

Be smart, be a self-manager.

Se sei interessato ad avviare il progetto di cambio organizzativo ed iniziare a lavorare per obiettivi nella tua azienda, puoi continuare la lettura qui.

Biagio Tramontana
Biagio Tramontana
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