Ridurre lo stress del lavoro da remoto? Scopri un nuovo mindset in 4 mosse!
Ridurre lo stress del lavorare da remoto? Questo articolo ti aiuterà a capire come in quattro semplici mosse.
Si parla tanto di smart working, specialmente da quando la pandemia e la conseguente emergenza sanitaria hanno costretto la popolazione mondiale all’isolamento domestico, al distanziamento sociale, alla ridefinizione dei rapporti lavorativi.
Di fronte al caos generato dal Covid-19, molte aziende e molti lavoratori sono stati costretti a navigare a vista. Per contrastare l’incertezza, i lavoratori hanno dovuto prendere decisioni giorno per giorno, navigando perennemente nel mare del World Wide Web e subendo, spesso passivamente, ciò che la ragnatela in cerca di click proponeva loro.
Così, remote working, agile working, telelavoro e smart working sono diventati termini familiari e interscambiabili, perdendo la loro forza e, di conseguenza, la capacità di dare un significato alle nostre azioni.
In questo breve articolo, però, non voglio soffermarmi sulle definizioni di questi termini né sulle loro differenze – se sei interessato a saperne di più clicca qui.
E prima di approfondire (per poi allenarle) le quattro abilità necessarie a ridurre lo stress da lavoratore post pandemico e migliorare il tuo mindset da smart worker, soffermiamoci su cosa sia uno “smart mindset”.
Cos’è lo smart mindset

Foto di Franciele da Silva su Unsplash
Il concetto di mindset è stato ampiamente sdoganato da Carol Dweck nei suoi studi. “Mindset” indica il modo che hanno le persone di processare le informazioni, filtrandole attraverso le proprie convinzioni e i propri pregiudizi.
Questo modo di pensare, ovviamente, condiziona il modo di agire.
Dweck distingue un fixed-mindset, una forma mentis statica che si arresta di fronte alle difficoltà e ha un dialogo interiore negativo, e un growth-mindset, una forma mentis votata al miglioramento, alla crescita e alla sfida.
Per fare un esempio semplice: chi ha un fixed-mindset, davanti a un’opportunità, tenderà a pensare “Non ce la farò, è troppo difficile”; chi invece ha un growth-mindset, davanti alla stessa opportunità e a parità di competenze, tenderà a pensare “Se mi impegno posso farcela!”.
Se ti stai chiedendo quale sia il tuo mindset, sappi che c’è una buona notizia: si può passare da un mindset all’altro. Con i giusti allenamenti, puoi letteralmente costruire un tuo mindset, utile a ridurre lo stress, migliorare il tuo lavoro ma, soprattutto, la tua vita!
Se a questo aggiungiamo il cult della crescita personale di Covey, “I sette pilastri del successo”, che dalla fine degli anni ’80 è ancora il libro più citato su quali abilità debbano avere coloro che ottengono grandi risultati, sembra quasi che ci sia poco da dire su quale mentalità possa permetterti di avere una vita lavorativa ricca di significato e in linea con i tuoi valori.
Invece no, dobbiamo ancora fare tanta strada. Partendo proprio dal clima d’insoddisfazione creato dalla pandemia, dalle paure che il covid-19 ha scatenato su tutta la popolazione e dalle incertezze del futuro, è possibile comprendere come ci siano quattro pilastri necessari a ridurre lo stress e a costruire un mindset funzionale al miglioramento non solo degli obiettivi lavorativi ma della qualità della tua vita e delle persone con cui la condividi.
Prima di affrontarle insieme, proviamo a dare una definizione di smart mindset:
è quella “mentalità fluida che permette di sviluppare le mie abilità in relazione ai miei valori e ai miei obiettivi sostenendo i valori e gli obiettivi delle altre persone.” Girolamo Grammatico
Grazie allo smart mindset possiamo occuparci di una crescita personale, contribuendo alla crescita della nostra rete di relazioni.
Per restare nell’esempio precedente, davanti a un’opportunità, chi ha uno smart mindset, penserà “Quante persone posso coinvolgere per condividere questa occasione di crescita?”.
Ridurre lo stress con le quattro abilità base dello smart mindset
Per ridurre lo stress devi sapere che devi conoscere e coltivare le quattro abilità base che compongono la struttura dello smart mindset:
- Il senso di appartenenza
- L’eco-connessione
- Ibridare la conoscenza
- Rielaborare il significato
Se mentre leggi pensi di non possederle o di non possederne qualcuna, non temere; in realtà, fanno parte di ogni essere umano. Quello che ti serve è mettere l’intenzione su queste abilità e allenarle.
Coltivare il senso di appartenenza

Foto di Tim Mossholder su Unsplash
Il senso di appartenenza è il cuore dello smartworking: se è assodato che un vero smart worker lavora per obiettivi – di cui trovi un articolo di approfondimento qui – scegliendo luoghi e tempi di lavoro, è pur vero che può fare tutto ciò solo in relazione ai colleghi e all’azienda.
Questa abilità non verte sulle competenze del lavoratore, ma sulla sua capacità di sentirsi parte di una comunità che può prendere il nome di team, azienda, associazione, progetto.
Il senso di appartenenza si muove tra il valore della fiducia e quello della speranza, con una buona dose di gratitudine.
Lo smart worker con uno smart mindset pensa: “Ho fiducia nei miei collaboratori perché condividiamo dei valori e possiamo esprimerli attraverso il nostro lavoro e attraverso la qualità della nostra relazione lavorativa”. Questa fiducia deve, necessariamente, essere alimentata dal sentimento della speranza, che oggi sembra essere sparito dal vocabolario, sia politico e aziendale. La speranza è una frattura dell’evidenza e può essere tale perché le forze invisibili del senso di appartenenza mi donano la consapevolezza di non essere solo e che altri stanno costruendo – insieme a me – il mondo che desidero abitare.
E per questo ne sono grato.
Come alleno il senso di appartenenza?
Quando ho un conflitto con un collega, giudico la persona o i fatti? Mi concentro sui fatti!
Allenare l’eco-connessione

Foto di Robert Lukeman su Unsplash
L’eco-connessione sarebbe un mix tra l’intelligenza spaziale e un desiderio di ecosostenibilità. Siamo passati da uffici efficienti e tarati su “come ottimizzare la performance” a workstation digitali che permettono il lavoro da remoto a tutte le ore.
Come spiega il filosofo Emanuele Coccia: la casa è un prolungamento psichico nel quale gli oggetti diventano soggetti.
Chi ha uno smart mindset riesce ad usare questa postura psichica e a ridurre lo stress anche fuori dalle mura domestiche per facilitare la propria relazione con l’ambiente.
Lo smart mindset si muove tra vari livelli legati allo spazio:
-
il setting di lavoro: la mia postazione.
Dove lavoro? A casa? In un coworking? In ufficio? Al mare? Al parco? Come posso migliorare la qualità del mio lavoro?
-
lo spazio relazionale: con chi lavoro meglio?
Come posso costruire ciò di cui ho bisogno? Ho bisogno di solitudine o di avere persone vicino?
-
lo spazio digitale: quali strumenti mi permettono di lavorare meglio?
Cosa mi permette di lavorare al meglio? Ci sono strumenti digitali che creano interferenze?
-
l’aspetto etico.
I precedenti spazi di lavoro (setting, relazionale, digitale) come impattano sul pianeta?
Com’è evidente, l’eco-connessione è fortemente interdipendente con il senso di appartenenza. Allenando l’eco-connessione posso trasformare lo spazio in luogo e realizzare una geografia esistenziale su più livelli, tutti orientati al mio e altrui benessere.
Come alleno l’eco-connessione?
Sono in grado di dire con consapevolezza perché in un luogo lavoro meglio rispetto a un altro? So “esportare” i vantaggi di un setting in un altro setting?
Ibridare la conoscenza

Foto di matthew Feeney su Unsplash
Lo smart worker sviluppa e allena una capacità che va oltre le competenze. Una delle virtù dei leader o delle persone di successo, in generale, è la curiosità e l’amore per il sapere.
Per quanto sia vero e assodato, restano dei problemi strutturali alla curiosità.
Il primo problema è che la mole di conoscenze, oggi, è così vasta da risultare inapprocciabile (non a caso, ormai googliamo quotidianamente). Il secondo problema è il tempo: pur volendo soddisfare la nostra illimitata curiosità, non avremmo la possibilità di farlo.
Lo smart-mindset, invece, è alla costante ricerca di conoscenza da ibridare e lo fa condividendo la propria.
Il presupposto principe è un pregiudizio di fiducia che reputa ogni sapere degno di valore. Valore che aumenta se condiviso con gli altri. Se poi questa conoscenza si ibrida con un’altra, accade quello che si chiama innovazione.
Michael Polanyi, quando parlava di conoscenza tacita, diceva che un uomo conosce più di ciò che pensa di sapere. Dare valore a ogni sapere, condividerlo con gli altri e tentare le ibridazioni, permette a questa conoscenza tacita di emergere con più facilità e essere al servizio del “purpose” aziendale.
Come alleno la capacità di ibridare le conoscenze?
Conosco le passioni e gli hobby delle persone con cui collaboro? Scambio con loro pareri su argomenti che esulano dalle nostre specifiche competenze lavorative?
Rielaborare il significato!

Foto di Kelly Sikkema su Unsplash
Chi ha uno smart mindset non è la persona più felice del mondo. Come tutte le persone è vittima dello stress. A differenza di chi lo subisce, però, lo smart worker usa lo stress a proprio vantaggio.
Ciò che aumenta il nostro stress è quasi sempre ciò che ci interessa – per un motivo o per un altro – quindi, piuttosto che ridurre lo stress, in uno smart mindset accade qualcosa di controintuitivo che lo porta a definire o ridefinire il significato di ciò che sta facendo. Questa abilità ti permette di comprendere se ciò per cui stai lavorando o ciò che stai facendo è una tua libera scelta o è un’azione che senti dovuta a perché stai agendo secondo etichette, paradigmi, aspettative che non ti appartengono?
La fluidità dello smart mindset è data proprio dalla capacità di lasciar andare progetti, lavori, relazioni che per noi in questo momento hanno perso di significato e che quindi ci ostacolano e dare un nuovo significato a ciò che può arricchire la nostra vita e quella degli altri.
Anche questa abilità è multidimensionale e interviene nella scelta dei progetti da seguire, dei tool da adoperare e dei collaboratori da scegliere.
Ovviamente il significato che diamo alle cose non è mai egoriferito, ma è interdipendente con il senso d’appartenenza e con l’eco-connessione e si nutre dell’amore per la conoscenza che la nostra rete di relazioni alimenta continuamente.
Come alleno il significato?
Pensa a una cosa che senti di dover fare per forza e che non hai voglia di fare. Riesci a comprendere il perché ti sei imbarcato in questa impresa? Ricordi la motivazione originaria? Era una tua libera scelta o no?
Se rispondendo a queste domande senti che nulla cambia dentro di te, allora qualcosa mi dice che devi abbandonare questa cosa…